RITRATTI D’AUTORE – LETTURE E PASSIONI DA CONDIVIDERE – Misano 3 marzo – 7 aprile – Cinema Astra ore 21
Scritto da il 25 Febbraio 2017
Parte venerdì 3 marzo, a cura della Biblioteca di Misano con la “regia” di Gustavo Cecchini, la decima edizione di RITRATTI D’AUTORE – letture e passioni da condividere, sei imperdibili appuntamenti dove protagonisti saranno i personaggi, le storie, gli intrecci, le parole, le frasi, le emozioni.
Apre, venerdì 3 marzo, NUCCIO ORDINE con L’ORLANDO FURIOSO di L. Ariosto. I classici non si leggono per superare un esame, ma si leggono perché ci insegnano a vivere. Nuccio Ordine proporrà una lettura di alcune ottave dell’Orlando furioso in cui l’Ariosto aggredisce pregiudizi che purtroppo continuano, in forme diverse, a sopravvivere nella nostra società. I versi sulle donne (perché le donne che tradiscono vengono punite mentre gli uomini vengono lodati?) e lo scontro tra pagani e cristiani (dove l’errore riguarda l’uomo e non la sua fede) ci aiutano a capire limiti e malintesi del nostro presente. L’Ariosto, insomma, ci insegna ad abbandonare i punti di vista assoluti che non riescono a spiegare la complessità del mondo e della vita umana. Imparare a convivere con le mutazioni, le incertezze, gli errori, le diversità, è un sano esercizio per considerare la molteplicità e la pluralità come una ricchezza e non come un ostacolo. Così la letteratura contribuisce a rendere l’umanità più umana.
Il venerdì successivo, 10 marzo, con FRANCO CARDINI, storico, saggista, blogger italiano e noto studioso del Medioevo, è di scena il mito di PERCEFAL o il racconto del Santo Graal. Noi lo chiamiamo, di solito, Parsifal: è il Cercatore del Graal. Richard Wagner scrivendo musica e libretto del suo ultimo capolavoro, il “dramma musicale” rappresentato nel 1882, spiegò anche – in termini fantasiosamente filologici – il significato arabo-persiano del nome: “Puro Folle”. In realtà, Wagner s’ispirava a un Minnesänger tedesco vissuto tra 1170 circa e 1220, Wolfram von Eschenbach, attivo alla corte del Landgravio di Turingia. Wolfram scrisse nel primo decennio del XIII secolo un poema in 25.000 versi ottonari a rima baciata, in idioma medio-altotedesco, nel quale riprendeva il racconto della “cerca del Graal” da colui che risulta esserne stato l’originale narratore, il poeta Chrétien de Troyes (attivo tra 1160 e 1190) autore di romanzi cavallereschi in versi, il più celebre forse dei quali, il Perceval, ou Li conte dou Graal, è rimasto incompiuto. Ma la leggenda elaborata da Chrétien, probabilmente su materiale folklorico francese, mostra un’origine celtica: e il Graal vi è descritto come una coppa, una specie di magica cornucopia che però ha a che fare con il mistero eucaristico (più tardi sarebbe diventata la coppa dell’ultima cena). In von Eschenbach, che s’ispira forse indirettamente a modelli mitico-cavallereschi arabo-persiani, il Graal è una pietra ch’è stata posta in rapporto con la Pietra Angolare del vangelo, il Cristo, o con la Pietra Filosofale alchemica. In Wagner il Graal torna ad essere una coppa che contiene il Sang Real (cioè il San Graal, sempre secondo un’etimologia fantasiosa), ma l’atmosfera mistica dalla quale è fasciato ricorda più i modelli indo-buddhisti che il grande artista aveva desunto da Schopenhauer che non la spiritualità cristiana. Il vero protagonista della serata finirà con l’essere quindi un grande mito che dal XII al XXI secolo domina l’immaginario europeo, il Graal, uno e trino (con molte varianti minori) attraverso i capolavori di Chrétien, di Wolfram Aschenbach e Richard Wagner
Venerdì 17 marzo salirà sul palco dell’Astra MARCELLO VENEZIANI con II MESTIERE DI VIVERE di Cesare Pavese. Iniziato il 6 ottobre 1935 durante i giorni del confino politico, “Il mestiere di vivere” accompagna Cesare Pavese fino al 18 agosto 1950, nove giorni prima della sua morte, e diventa a poco a poco il luogo cui affidare i pensieri sul proprio mondo di scrittore e di uomo e, soprattutto, le confessioni ultime su quei drammi intimi che laceravano la sua esistenza. Amaro, disperato, violento, ironico, raramente sereno, Pavese consegna al lettore una meditazione sulla vita, sui sogni, sui ricordi e sull’arte condotta con rigore intellettuale e morale; e allo stesso tempo, pagina dopo pagina, testimonia con lucidità l’evoluzione di un personale mestiere di vivere.
Sarà GIULIO GUIDORIZZI, docente di Teatro e Drammaturgia dell’Antichità presso l’Università degli Studi di Torino ad introdurre, venerdì 24 marzo, L’ILIADE di Omero. Ci sono libri fondamentali, “obbligati”: in una parola, imprescindibili. L’lliade è uno di questi. Insieme con l’Odissea è tra i testi capitali che il mondo antico ci ha lasciato in eredità. “Poema della forza”, come l’ha definito Simone Weil, l’Iliade racconta l’epilogo della guerra scatenata dagli achei in Troade: i cinquantuno giorni nel decimo anno di guerra dominati dalla funesta ira di Achille verso Agamennone. Giovane, guerriero terribile e invincibile, destinato a morte precoce e imperitura fama, Achille è il prototipo dell’eroe greco. Ma è Ettore, principe troiano e antagonista diretto di Achille, la figura più profondamente umana del poema e quella che il lettore moderno sente più vicina a sé. Nella sua vita non ci sono stirpi divine, passioni scatenate, invulnerabilità eroiche, ma solo umanissime ed esemplari virtù. Nel suo cuore si agitano sentimenti d’onore, dignità e amore e il suo tragico sacrificio suggella la fine di un’epoca.
Venerdì 31 marzo sale sul palco dell’Astra il filosofo UMBERTO CURI con La metamorfosi di F. Kafka. Nell’autunno del 1912, a Praga, tra 17 novembre e il 7 dicembre, Franz Kafka scrive “La metamorfosi”, l’incubo sotterraneo e letterale di Gregor Samsa, un commesso viaggiatore che si sveglia un mattino dopo sogni agitati e si ritrova mutato in un enorme insetto. La speranza di recuperare la condizione perduta, i tentativi di adattarsi al nuovo stato, i comportamenti familiari e sociali, l’oppressione della situazione, lo svanire del tempo sono gli ingredienti con i quali l’autore elabora la trama dell’uomo contemporaneo, un essere condannato al silenzio, alla solitudine e all’insignificanza.
Chiude, venerdì 7 aprile DIEGO FUSARO con Furore di John Steinbeck. Pietra miliare della letteratura americana, “Furore” è un romanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 1939. Nell’odissea della famiglia Joad sfrattata dalla sua casa e dalla sua terra, in penosa marcia verso la California, lungo la Route 66 come migliaia e migliaia di americani, rivive la trasformazione di un’intera nazione. L’impatto amaro con la terra promessa dove la manodopera è sfruttata e mal pagata, dove ciascuno porta con sé la propria miseria “come un marchio d’infamia”. Al tempo stesso romanzo di viaggio e ritratto epico della lotta dell’uomo contro l’ingiustizia, “Furore” è forse il più americano dei classici americani, da leggere oggi in tutta la sua bellezza. Alla luce di quello che sta accadendo oggi, in tempi di globalizzazione, l’opera di Steinbeck permette una rilettura dei processi di sradicamento operati dal capitalismo finanziario: allontanamento coatto degli individui dalla loro terra, immigrazione di massa, sfruttamento generalizzato.
Cinema-Teatro Astra ore 21,00- Ingresso libero – Info: 0541-618484.