L’ultima settimana di settembre – recensione del film con Abatantuono
Scritto da Alessandro Boccalini il 10 Gennaio 2025
Nelle tante volte in cui ci siamo messi a cercare un buon titolo sulle piattaforme streaming, sperando di trovare quel giusto film dopo aver spulciato per mezz’ora, sarà sicuramente capitato di trovarsi davanti il nome di un attore garanzia di sicurezza. È questo il caso per quanto riguarda L’ultima settimana di settembre, nella cui copertina spicca il volto di Diego Abatantuono.
Film del 2024 diretto da Gianni de Blasi, vede come attore protagonista, oltre ad Abatantuono, Biagio Venditti, nei panni di Mattia.
L’opera racconta di come Pietro Rinaldi, ex scrittore in procinto di suicidio, si ritrova in affidamento il nipote Mattia, dopo la morte dei genitori di quest’ultimo a causa di un incidente. Nonno e nipote non hanno mai avuto un grande rapporto, pertanto già dai primi giorni di convivenza si nota l’insofferenza di Mattia. Così, spinto anche da una consapevolezza di non potersi occupare del ragazzo, decide di portarlo dallo zio che vive a Roma. Il lungo viaggio in auto da Lecce, tra i vari imprevisti incontrati, si rivela un’occasione, per i due, di scoprirsi e conoscersi a vicenda.
Un film della durata di 90 minuti, che però riesce a far riflettere su come si possono intendere i rapporti ad oggi, soprattutto tra generazioni diverse. Il trauma della morte dei genitori del ragazzo, tra cui la figlia di Pietro, non rimane un elemento importante durante la narrazione: si lascia più spazio all’indagine interiore dell’ex scrittore, inizialmente noncurante di ciò che avrebbe comportato l’affidamento di Mattia.
Il protagonista interpretato da Abatantuono, infatti, era vedovo, isolato e depresso, nonché in procinto di suicidio proprio nel giorno del suo compleanno. Una situazione apparentemente non adatta per una nuova convivenza, ma che forse ha solo bisogno di ricominciare e trovare una nuova figura a cui poter dedicare affetto, dopo la mancanza dell’unica figlia a cui voleva bene.
Anche riguardo al ragazzo si può dire che, dopo un po’ di tempo, si rende conto del “viaggio” (di crescita) che gli ha fatto fare Pietro: la sosta per riparare l’auto, le prime esperienze d’amore, i consigli di un nonno che si segna pure «la lista delle persone che mi stanno sul cazzo» e che segue tutte stradine di campagna per arrivare a destinazione, … elementi, questi, che faranno crescere Mattia e rendersi conto dell’unicità del rapporto in questione.
Una buona regia che è stata in grado di raccontare tutto questo ed una scenografia piuttosto curata, a partire dalla Citroën d’epoca utilizzata, rimasta emblematica in locandina.
In sintesi, un film narrativamente tranquillo che segue, di conseguenza, un ritmo calmo ma bilanciato dalla giusta durata dell’opera, che non risulta troppo lunga. Diego Abatantuono si riconferma una sicurezza!
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