Andrea Pazienza, tra realtà e retorica – di Vincenzo Sparagna (La Piazza, giugno 2016)

Scritto da il 13 Giugno 2016

Da qualche settimana è in corso una surreale “celebrazione” dei 60 anni virtuali di Andrea Pazienza, nato il 23 maggio del 1956. Giornali, siti web e qualche televisione hanno fatto a gara nel ricordare il disegnatore di Frigidaire più amato e stupefacente, morto 28 anni fa per overdose. Repubblica gli dedica una serie di ben 20 volumi che dovrebbero far conoscere la sua “opera completa”. Specialisti di fumetti e molliconi TV ne tessono elogi sperticati e retorici. È un fiume di giudizi entusiasti che non può che rallegrare chi, come me, lo ha avuto compagno d’avventura e di invenzione in vita, ma rispetto al quale è necessario fare anche alcune osservazioni critiche.
In primo luogo balza agli occhi la stranezza dell’anniversario: perché i 60 anni e non i 50, i 57 o i 63? In realtà l’occasione è totalmente inventata in funzione dell’ennesima operazione editoriale che impacchetta l’opera di Paz in una nuova serie di ristampe. Poco male, si potrebbe dire, se non fosse che lo stesso impacchettamento è discutibile, l’opera viene spezzettata per ragioni di copyright familiari, quasi che il buon Andrea avesse inventato le sue storie, i suoi testi e le sue vignette in uno spazio e in un tempo astratto, come per metterle su degli scaffali ben ordinati, in scomparti rigorosamente distinti.
Così la prima cosa che si perde in queste ristampe è la complessità del suo percorso da Cannibale a Il Male fino a Frigidaire, rivista che contribuì a fondare insieme a me, Stefano Tamburini e Filippo Scozzari. I curatori, per rimediare a questo vuoto di prospettiva temporale, accompagnano i volumi con introduzioni “storiche” e appendici “documentarie” (alcune introduzioni agli albi originali e articoli dell’epoca).
Purtroppo a presentare i nuovi volumi ci sono figure discutibili, professionisti della critica fumettistica o del “giornalismo ufficiale” che nulla hanno a che vedere con Pazienza medesimo e tantomeno con il terreno di coltura sociale e stilistico in cui maturarono le sue opere. I loro testi sono perciò dei compitini senza anima, con l’aggiunta di qualche inesattezza e dimenticanza, segnati tristemente dalla totale estraneità di chi scrive all’onda di passione e di speranza rivoluzionaria che animava Pazienza come gli altri protagonisti di Frigidaire di ieri e di oggi.
Il nucleo retorico delle celebrazioni in corso è dunque la separazione tra l’autore vivo Pazienza e la sua comunità ideale di appartenenza. Andrea, avvolto nel manto funerario degli elogi a buon mercato, viene presentato come un artista “unanimemente” riconosciuto ed esaltato. Nulla si dice del fatto che in vita fu combattuto ferocemente da quello stesso potere culturale che oggi lo celebra. Basti pensare alla criminale decisione presa nel 1985 dalla Commissione Editoria presieduta da Giuliano Amato (all’epoca galoppino di Bettino Craxi) con lo scopo di distruggere il fastidioso Frigidaire. La rivista venne infatti da quei signori cancellata senza alcun motivo dalle pubblicazioni a carattere culturale, operazione che ci tolse oltre mezzo miliardo di contributi legittimi per il sovrapprezzo della carta e gettò un’impresa ricca e in sviluppo in pesantissime difficoltà economiche.
Oggi tutti i commentatori, inclusi i curatori dei volumi suddetti, fingono di non sapere che la crisi che ci colpì nella seconda metà degli anni Ottanta, superata con enormi sacrifici solo diversi anni dopo che erano morti Tamburini (1986) e lo stesso Pazienza (1988), non ebbe origine da una debolezza strutturale del progetto, ma fu innescata proprio da quell’operazione di killeraggio politico e culturale il cui bersaglio era anche l’attualmente osannato, ma all’epoca giudicato scandaloso Pazienza. Insomma la tecnica di ogni potere di “celebrare i morti per meglio seppellire i vivi” continua ad essere applicata anche in questa occasione.
Che senso ha infatti separare le vignette del periodo del Male dalle storie pubblicate su Cannibale o su Frigidaire e distribuirle per tema seguendo le perverse leggi del marketing editoriale? E perché confondere le une e le altre con le produzioni minori fatte per guadagnare qualche soldo? Infine si può forse raccontare l’opera di Paz senza nulla dire (guai a citare il pericoloso Vincenzo Sparagna!!) dell’invenzione sua e mia dell’Arte Maivista, movimento immaginario e beffardo che riassume ironicamente l’arte sorprendente e irregolare di noi di Frigidaire?
Allo stesso modo è del tutto fuorviante mettere sullo stesso piano le prime storie di Zanardi, pensate, scritte e disegnate nel fuoco di quella ri/scoperta del mondo che caratterizzava Frigidaire, i suoi reportages cosmopoliti, i testi di Burroughs, Vian, Celine, Borges, ecc., con le apparizioni commerciali (anche se meravigliosamente disegnate) di Zanardi su altre riviste, dove il personaggio più iperrealista di Andrea era mascherato addirittura da crociato. Queste ultime storie erano sequenze di pagine studiate per far quattrini dopo che ci avevano ridotti in miseria, le prime invece erano un modo vero e sofferto di raccontare una generazione e un’epoca.
Quando dico queste cose alla fine c’è sempre un cretino che obietta che comunque Andrea sarebbe contento di questa gloria postuma, sia pure deturpata dagli sciocchi commenti dei suoi padrini attuali. “Sarebbe contento”… ma che significa? La “contentezza” non appartiene ai defunti. La realtà ci dice che è morto tragicamente 28 anni fa, colpito al cuore dalle persecuzioni contro Frigidaire, costretto per vivere a disegnare storie insignificanti per gente che non capiva nulla, potendo ormai dedicare alla rivista che aveva contribuito a creare solo frammenti veloci di intelligenza e ironia (penso a storielline geniali come “Studia” o “Neve, neve sull’Italia”).
Ricordo i giorni felici che passammo insieme ad Atene sul finire del 1987 (solo pochi mesi prima dell’ultima fatale siringa nella chiusa cornice familiare di Montepulciano) ospiti degli amici della rivista Babel in occasione di una grande esposizione delle tavole di Frigidaire. Anche allora, come alla Mostra del fumetto di Napoli di pochi mesi prima, Andrea sfoggiava orgoglioso la nostra t-shirt sentendosi punta di lancia di un progetto irriducibile, alfiere di una resa invincibile. Eravamo allegri, convinti di poter sfidare, anche senza soldi, questa società ingiusta e brutta con la sola forza delle nostre idee libere e dell’arte, sicuri di essere diversi dagli sciacalli di ieri e di sempre, quegli stessi che oggi, chiusi nei loro grigi santuari redazionali e bancari, ne celebrano ipocritamente la memoria.
Personaggi presuntuosi e stupidi, oltre che in malafede! Essi non capiscono che l’Arte Maivista di Andrea e di Frigidaire non si lascia catturare, scivola furtiva oltre le gabbie dorate della falsificazione mascherata da omaggio, con il segno e le parole continua a trasmettere il gusto della libertà e l’annuncio degli uragani rivoluzionari del futuro.
*direttore delle riviste Il Nuovo Male e Frigidaire  www.frigolandia.eu

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