“Giù le mani dal magistrato Morosini!”

Scritto da il 14 Maggio 2016

Giù le mani dal magistrato Morosini!
di Enzo Cecchini
(La Piazza – maggio 2016)

– Parliamo della NON intervista a Piergiorgio Morosini, poi pubblicata con risalto sulla prima pagina dal Il Foglio. Un colloquio informale trasformato con forzature strumentali in una intervista provocatoria. Insomma un’imboscata per ordire una montatura.
La giornalista è venuta meno ad una deontologia professionale e al rispetto della persona, ancora peggio se questa ricopre incarichi istituzionali delicati. Morosini aveva ribadito che quella non era una intervista e che non voleva rilasciare dichiarazioni pubbliche. Pertanto non era da pubblicare. Punto!
Morosini è tornato sul fatto, rinforzando la smentita diffusa appena uscito l’articolo. Che “non riguarda solo il titolo della presunta intervista, ma i contenuti del colloquio informale”. In particolare, aggiunge, “il testo pubblicato sul ‘Foglio’ non rappresenta il mio pensiero, né su presunte opinioni politiche contro il governo, né su giudizi personali relativi a rappresentanti delle istituzioni o colleghi, e neppure sulle dinamiche operative del Consiglio superiore della Magistratura. Lo avevo già detto esplicitamente nella nota inviata ieri mattina alle agenzie, ma ritengo utile ribadirlo per fugare ogni dubbio in proposito”.
Nella replica al plenum del Csm del 5 maggio, Morosini ha fornito nuovi dettagli. “Questa vicenda mi ferisce perché in questo pezzo ci sono frasi incomplete, parole che non ho detto, che travisano il senso di quello che è stato un colloquio informale, che è partito con una esclusione da parte mia di rendere dichiarazioni pubbliche”. La cosa che dà più fastidio, ha aggiunto, “è quando ti viene cucito addosso un vestito che non è il tuo. In questo caso non c’era la volontà di fare una dichiarazione pubblica. Aveva tutta un’altra finalità quel contatto”.
Per chi lo conosce personalmente ed è informato su tutta l’ammirevole carriera professionale, sa che tutto va a favore di Morosini: persona misurata, preparata, imparziale e leale. E’ questo Morosini che conoscono i cattolichini, i romagnoli e le migliaia di persone e studenti che in tanti anni ha incontrato girando in largo e in lungo l’Italia per portare avanti la cultura della legalità in questo disgraziato Paese.
Ma Morosini è anche persona saggiamente critica, che nelle sedi opportune, si batte con passione per fare prevalere il significato più nobile del concetto di giustizia. Sicuramente è questo che dava e dà fastidio al cerchio magico dei nuovi assetti del potere politico.
Vediamo alcuni commenti. Pur nella necessaria severità, l’Anm distingue (non “scarica” come hanno voluto interpretare i pifferai): “Le dichiarazioni di Morosini inopportune se confermate”. Se confermate. Infatti le ha smentite decisamente e con fastidio.
Il Pm di Mafia capitale, Giuseppe Cascini: “La pubblicazione di frasi rubate, alterate e messe insieme in modo da costruire ad arte una tesi preconcetta, è una gravissima scorrettezza sul piano deontologico”.
Deciso Giancarlo Caselli (ex Procuratore della Repubblica) che alla richiesta di commentare le presunte dichiarazioni di Morosini dice: “Non parlo di conversazioni smentite”. Come a dire, usando un termine giuridico: il fatto non sussiste. E ancora: “E’ giusto che i giudici parlino di riforme”.
Ancora più chiaro Piercamillo Davigo (presidente Anm): “L’art. 21 della Costituzione si applica anche ai magistrati. … Se un magistrato ha un’opinione è liberissimo di esprimerla”.
Armando Spataro (procuratore a Torino): “I magistrati hanno il diritto-dovere di schierarsi al referendum”.
Ma queste dichiarazione di grandi magistrati, non sono servite a niente, i pifferai e cortigiani hanno sentito la grande opportunità di braccare una preda ambita per isolarla e delegittimarla. Era già successo un mese fa con Davigo. Questi pifferai oggi sono in maggioranza targati Pd e sono in buona compagnia con i vecchi arnesi della destra berlusconiana alla Verdini. Molti di questi (Pd) e giornaloni associati erano proprio quelli che difendevano i magistrati coraggiosi, magari anche qualche loro dichiarazione sopra le righe.
Ma allora governava Lui (Silvio Berlusconi). Adesso no, non si può più, perché molti si sentono assimilati e interessati al nuovo potere Renziano.
Addirittuta Edmondo Cirielli (autore della famigerata legge, poi da lui disconosciuta) dice: “Su Morosini si sta montando un caso senza precedenti”.
Edmondo Bruti Liberati (ex procuratore di Milano): “Morosini ha smentito e comunque l’azione disciplinare deve essere assai prudente quando si tratta di opinioni”. E ancora: “Il governo faccia riforme e lasci stare i complotti”.
Ma allora dove sta il dramma della non intervista? Morosini ha confermato solo una cosa, che lui, come buona parte dei magistrati, sono per il NO al referendum alla riforma costituzionale del governo Renzi e che intendono esprimerlo. Allora apriti cielo! Questa scadenza politica Renzi l’ha personalizzata a tal punto minacciando di dimettersi qualora vincesse il NO. Ma Morosini è in buona compagnia: “Riforme confuse. Il no di 56 giuristi e 11 ex presidenti della Corte costituzionale” (La Repubblica, 24/4/2016).
Altro punto di scontro: la prescrizione: circa 150mila processi ogni anno cade in prescrizione: soldi buttati via, tempo perso, mortificazione per le forze di polizia e magistrati. Ecco cosa dice Franco Roberti (procuratore nazionale antimafia): “Colletti bianchi e malaffare, le leggi non arrivano mai”.
E poi c’è lo scontro sulla nomina del procuratore capo di Milano, la procura decisiva per la lotta alla corruzione politica e imprenditoriale (Mani pulite è nata lì). Da una parte si vuole imporre il giudice “renziano”, mentre il grosso dei togati del Csm puntano su  Francesco Greco, del pool mani pulite. Senza dimenticare l’incubo dei politici: le intercettazioni, che da sempre vogliono imbavagliare…
L’attacco politico a Davigo prima e a Morosini poi cerca di alzare un polverone e buttarla in rissa; tutto ciò usato come arma di distrazione di massa. Ma da cosa si vuole distrarre l’opinione pubblica? Lo ha detto Davigo: “Non c’è nessuna guerra: è la politica che non fa pulizia”.
E l’Italia sta con Davigo: “I politici rubano e non si vergognano più”. Su questa affermazione-verità l’88% degli italiani dice che ha ragione e che oggi la corruzione è più grave di Tangentopoli (sondaggio Ixè fine aprile).
Perché in prima fila ci sono gli uomini del Pd? A partire dalle sgradevoli esternazioni di Matteo Renzi (dichiarazione al Senato): “25 anni di barbarie giustizialista”… c’è che “Il Pd ha 124 indagati  e imputati (aggiornato al 21 aprile e che mentre andiamo in stampa stanno arrivando sui 130 compreso condannati – nd.r.). Si aggiunga anche i 18 indagati tra vicemisnistri, deputati e senatori” (Il Fatto Quotidiano 21-22 aprile).
Negli ambienti di governo e del Pd c’è il timore che tante procure trovino quel coraggio di tirare fuori fascicoli dormienti dai cassetti che potrebbero dare vita ad una nuova Tangentopoli, questa volta riguardante prevalentemente i partiti dell’attuale governo.
La fiducia nei partiti è crollata al 5% (sondaggio Ipr Marketing – aprile 2016) e allora la casta fa quadrato.
E’ vero che se passa la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale (Italicum) così come sono state approvate, ci troveremmo che l’intero potere (legislativo, esecutivo, giudiziario) diventerebbe monopolio di un solo partito con un capo al comando.
Eravamo già passati nel periodo berlusconiamo in cui i corrotti processavano i magistrati e i ladri inseguivano i poliziotti. Oggi la situazione pare stia peggiorando, i giornaloni taccioni e sempre più si vuole istituzionalizzare un’Italia capovolta e autoritaria, quella dove i furbi e i corrotti deridono gli onesti.
Signori miei, c’è un unico modo per stroncare alla radice l’annoso scontro tra politica e giustizia: politici smettetela di rubare!…
Esemplare l’intuizione satirica di Jena: “Il dilemma dei politici: ‘Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più ladro del reame?’” (La Stampa, 8/5/2016).

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